lunedì 10 giugno 2013

Homo Capitalis



Tratto da "Insolventi! Contro le banche" di autore anonimo. A causa dei debiti da cui era oppresso, il libero professionista autore di questo pamphlet politico ha scelto di rimanere nell'anonimato, per fuggire dai creditori e vivere da clandestino sulle rive del Mekong, in Indocina. L'invettiva è rivolta inizialmente a banche e società finanziarie, per estendersi poi alla società dei consumi in generale e all'economia neoliberista di mercato, profondamente criticate in ogni loro aspetto.
Consiglio caldamente la lettura di questo testo, poiché offre moltissimi spunti di riflessione originali.


[...] Società primitive cacciate e sterminate per pochi buchi neri di petrolio, per qualche ettaro di terra cancerosa da cui si estrae litio e altri metalli rari indispensabili alla nostra elettronica di punta e alle nostre telecomunicazioni, tutte cose destinate a scomparire tra vent'anni, ma intanto fortemente interessate, coinvolte nella logica della caccia ai nuovi clienti. Comunità e tribù ridotte in schiavitù perché ci piace mangiare banane a dicembre e vedere ananas sulle nostre tavole natalizie. Donne e bambini fiaccati dai lavori più duri, più inquinanti, più cancerogeni, solo per produrre le nostre derrate di piacere, per assicurarci i sapori orientali di cui andiamo ghiotti, per smaltire i nostri rifiuti tossici (navi, computer, ecc) o per assemblare, a Bombay o in Cina o in tutti gli ossari viventi, i pezzi di tutti i nostri prodotti correnti, il cui consumo ci sembra così naturale, così normale, così trendy quest'estate o così buzz quest'inverno.

Interi villaggi del Kenya cancellati in dieci anni dalla carta dell'Africa per far posto alla coltura intensiva delle nostre rose invernali da vendere il giorno di San Valentino - il 70% dei loro tristi boccioli avvelena e rinsecchisce le terre africane, dove i bambini soffrono la sete. Esodi di esseri umani in fuga dalla miseria e dalla paura, stupri, genocidi, guerre civili generate sempre e in ogni caso, qualunque ne sia l'etichetta, etnica o religiosa o ideologica, dall'avidità di potere, dal possesso delle risorse naturali e dal profitto a livello internazionale, nei banchetti dei nostri palazzi usurpati dall'oligarchia e nelle banche senza morale delle nostre democrazie da favola, da piccoli principi, da puttane della Repubblica.
Popolazioni asiatiche senz'acqua, a causa delle grandi dighe destinate a irrigare i nostri capricci coltivabili, popolazioni prive di qualsiasi forma di libertà, sfruttate solo per soddisfare i nostri lussi manifatturieri importati dalla Cina. Giovani, discendenti di civiltà millenarie, umiliati e costretti alla prostituzione turistica dall'obbligo - obbligo sacro - di nutrire la propria famiglia, di assicurarle assistenza medica, un tetto-ricovero - cura dimenticata nel confortevole Occidente individualista, dove si mandano i vecchi negli ospizi per recuperare il più in fretta possibile ciò che può essere ancora recuperato -, senza altra scelta, se vogliono conservare una dignità che nessuno potrà loro strappare, se non quella di massaggiare le trippe dei nostri buoni osceni papà in safari d'infanzia...

Come sarebbe lungo l'elenco delle nostre ignominie passive, delle nostre incongruenze foriere di qualsiasi delitto, delle nostre debolezze lagnose di consumatori insulsi dall'onanismo insoddisfatto, incantati da ogni progresso, da ogni nuova tecnologia, da ogni nuova moda o smania di condividere le nostre povere brutte foto con la terra intera, da ogni segnalazione bene in vista e personalizzata, da ogni commento cattivo, dimentichi dei morti che alimentano la nostra morgue con i loro grembiuli infangati e i loro brandelli di carne. Sì, sarebbe un lungo elenco, e mi manca il tempo di tracciare l'inventario di tutte le turpitudini colpevoli che mi sono lasciato dietro, nei sessant'anni passati tra le menzogne, sotto il glorioso stendardo delle tre Grazie in rapido invecchiamento, anzi, ormai quasi estinte: Liberté, Egalité, Fraternité.

Ora è venuto il momento di restituire loro il significato perduto, la dignità perduta sotto gli strati di grasso e i rattoppi ingannevoli di un sistema omicida. Ora è venuto il momento di una presa di coscienza universale, del disinquinamento delle mentalità e dei comportamenti.
[...] Ed è ora il momento! Prima di ridare spazio al male o di sostituirlo con un sosia scadente: un prestatore su pegno del FMI o la mafia delle oligarchie planetarie che brutalizza le nazioni con piani di rigore studiati solo per favorire le proprie banche e i propri profitti infami - rigore che essa si guarda bene dall'applicare al suo stile di vita, ai suoi privilegi, alle sue vicissitudini e ai suoi emolumenti!
Finte democrazie, sì, tenute in piedi dal denaro dei partiti dominanti - il vostro! quello dei contribuenti, dei consumatori supertassati! -, nelle quali bisogna scegliere tra Laurel e Hardy, tra il cianuro e la corda per impiccarci!

[...] Tra le armi pacifiche a disposizione dei cittadini, la peggiore delle quali è secondo me la defezione [...], ve ne sono quattro di cui possiamo fare un uso comune e pacifico, prima che le nostre identità, il nostro potere di vita, sia messo in pericolo: un risparmio sano e solidale; il rifiuto di farsi prestare denaro in un contesto ignobile; l'idea di una sobrietà responsabile; la previsione lucida e pragmatica di quelle che saranno domani le nostre risorse, nel 2050, con 9 miliardi di abitanti sulla terra.

***

[...] Mutazione moderna e ultima dell'istinto di sopravvivenza, questo capitalismo modificato in cannibalismo sfrenato, in capibalismo insaziabile, ha trasformato l'homo sapiens (appellativo screditato) in homo capitalis, permettendogli di infierire più alla svelta e più a fondo sul destino dell'umanità.

L'homo capitalis non è altro che un lupo per l'uomo, è una larva mortifera e necrofaga, un virus assoluto, proteiforme, che finirà presto, molto presto se non facciamo niente, noi popoli e cittadini del mondo, per annientare l'intera specie, dopo averla umiliata, violata, torturata e ridotta in schiavitù.
L'homo capitalis è un killer, un predatore dalle perversioni flessibili e prevedibili: la sua intelligenza a breve termine, che stocca ma non conserva niente, concentrata esclusivamente su se stesso e sull'immediato presente, gli ha consentito di realizzare tutti i profitti che poteva ricavare dalle derive del suo funzionamento, dai suoi bisogni e dai suoi desideri, e ha fatto del proprio istinto, in ogni cosa e in ogni circostanza, un comportamento mercantile. L'homo capitalis gerarchizza gli esseri umani in base a quanto possiedono, a quanto possono fruttare, a quanto può essere loro sottratto all'istante: risorse, lavoro, corpo. Per lui felicità non vuol dire respirare ed essere in pace con il mondo, e nemmeno vivervi con serenità - non sa che cosa sia -, bensì la possibilità di comprarsi in ogni momento le illusioni più macabre messe in vendita dal mondo stesso, come quei vecchi puzzolenti nei bar di Manila, di Phnom Penh o di altri posti analoghi, i quali, dal momento che la gioventù volta loro le spalle, se la comprano a suon di banconote.

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